Uscita nel 2014 senza troppo trambusto, questa esilarante satira sulla precarietà del lavoratore italiano e l'inefficienza del nostro sistema universitario ha raggiunto in brevissimo tempo lo status di cult, generando due fortunati sequel. Le ragioni di questo successo? Beh, cominciamo dalla storia.
Dopo decenni in cui siamo stati abituati a situazioni inverosimili fatte di equivoci improbabili e personaggi tagliati con l'accetta, la trama è qualcosa di molto più vicino alle realtà quotidiane dell'italiano medio rispetto alla solita commedia italiana: il protagonista, Pietro Zinni (Edoardo Leo), è un ricercatore universitario timoroso e succube, che una volta licenziato dal suo ateneo decide di mettere su una banda fatta di suoi ex colleghi per produrre e spacciare una smart drug. Già dal soggetto notiamo un approccio fresco e nuovo che cita realtà televisive e cinematografiche d'oltreoceano, Breaking Bad su tutte, come evidente anche dal rapporto fra Pietro e la sua fidanzata Giulia (Valeria Solarino), a cui tenta di nascondere tutto e per la quale è pronto a correre tanti e tali rischi con la legge. L'approccio poco italiano si vede anche nella regia, che cerca di osare un po' di più imitando lo stile all'americana, tanto nella colonna sonora quanto nelle inquadrature e nel montaggio, anche se Sibilia brillerà ancora di più da questo punto di vista nei seguiti Masterclass e Ad honorem.
Le tematiche affrontate dal film sono fin troppo familiari alla nostra realtà: si parla dei pochi fondi alla ricerca, delle fughe di cervelli (per carità di Dio, lasciate perdere l'omonimo film di Paolo Ruffini), delle raccomandazioni di tipo politico, e la sceneggiatura, co-scritta dallo stesso Sibilia, risulta veramente brillante e per nulla scontata o indelicata, con battute e gag![]() |
I protagonisti del film |
Biascica e sceneggiatore numero 1 di Boris, affiancati da un esilarante Stefano Fresi che interpreta il co-protagonista Alberto, il compianto Libero De Rienzo nel ruolo del truffaldino economista Bartolomeo, Lorenzo Lavia (figlio di cotanto padre, qui nei panni di latinista improvvisato benzinaio) e un ottimo Neri Marcorè nel ruolo dell'antagonista, il temibile spacciatore rivale Er Murena.
Il grande difetto del film è solo uno, ed è piuttosto evidente: la fotografia. Costantemente patinata e saturata, con i verdi e i gialli che accecano e i bianchi praticamente inesistenti. Apprezzo il voler creare un'identità visiva riconoscibile, ma un'estetica esageratamente vistosa come questa l'avrei vista funzionare solo se usata in momenti particolari, ad esempio per dare l'idea dell'effetto della droga sui personaggi. Così sembra solamente di essere in trip di LSD per un'ora e quaranta, e dopo un po' l'occhio si stanca.
![]() |
Libero De Rienzo nel ruolo di Bartolomeo |
Insomma, l'intera trilogia di Smetto quando voglio è diventata un cult personale, essendo riuscita a stupirmi e divertirmi come pochi film italiani hanno fatto nell'ultimo decennio. Momenti che preferisco: tutte le scene con Maurizio (“Grande, professore!”) quelle con Paprika, che non parla una parola di italiano per tutto il film, eppure i suoi duetti con Alberto sono fantastici, e il rapporto burrascoso di Bartolomeo con i suoi futuri parenti sinti. A chi di voi non l'ha visto consiglio di recuperarlo, il divertimento non mancherà e il cervello rimarrà acceso.
Dati tecnici
Regia: Sydney Sibilia
Anno: 2014
Paese di produzione: Italia
Casa di produzione: Fandango, Ascent Film, Rai Cinema
Fotografia: Vladan Radovic
Musiche: Andrea Farri
Nessun commento:
Posta un commento