Che si ami o si odi, è una di quelle entità pachidermiche e polarizzanti talmente fuori dall'ordinario da essere impossibili da ignorare, una di quelle bestie rare che nel safari della cinematografia si avvistano raramente.
Le sue caratteristiche lo rendono una specie incredibilmente affascinante: un progetto personale di uno degli autori più importanti della storia del cinema, scritto, diretto e prodotto dalla stessa persona che ne ha portato avanti il concepimento tra mille vicissitudini per oltre 40 anni, osteggiato da ogni grande casa di produzione e da ogni logica e portato a termine con un budget mastodontico messo insieme solo grazie alla determinazione del regista che ha finanziato la sua visione di tasca propria, vendendo persino parte della sua amata azienda vinicola. In altre parole, un epico trionfo dell'arte sull'inamovibilità del tempo e delle avversità, oppure un imbarazzante fallimento di proporzioni bibliche, senza alcuna possibilità di mezzi termini.
E in un'epoca, poi, in cui la grande potenzialità di internet riduce spesso le argomentazioni a piatte e sterili sentenze virate ad un estremo o ad un altro, una bestia come Megalopolis non può che infuocare gli animi, in sensi diametralmente opposti dello spettro del gradimento.
Il sottoscritto, da umile recensore della domenica, non può certo accollarsi il basto di decretare quale parte ha ragione e quale no, se questo nuovo agnello sacrificale delle masse cinefile sia oggettivamente grandioso o indiscutibilmente aberrante.
L'unica cosa in mio potere è limitarmi a sottolineare l'ovvio, ovvero come la regia di Coppola, le scenografie, i costumi, la fotografia, il montaggio, le interpretazioni siano tutte di livello altissimo, come tutti questi elementi contribuiscano alla costruzione di un mondo e della "fiaba" (così viene chiamata fin dall'inizio del film) concepita dal suo autore, della grande allegoria portata avanti per quasi due ore e mezza.
L'epopea di questi personaggi dai nomi molto familiari, specialmente per gli
spettatori europei e specialmente per gli spettatori italiani (Catilina, Cicero, Crasso), si svolge non a caso nella distopica megalopoli di Nuova Roma, centro di un impero a metà tra l'idealizzazione del sogno Americano e l'opulenza dell'Antica Roma, due facce della stessa medaglia secondo il regista, due volti dello stesso male che risponde al nome di edonismo.
Una fiaba che ha un che di Esopo, dunque, o di Fedro, una storia che ha una morale piuttosto chiara, ma tutt'altro che semplicistica: l'ambizione, il potere, l'avidità, l'aspirazione a uno status divino e immortale portano paradossalmente l'uomo all'estinzione, all'annullamento di sé, al fallimento in quanto essere umano.
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Francis Ford Coppola |
Tutte le altre implicazioni, sottotrame e metafore lascio a voi lettori il piacere di scoprirle. Perché, ed è questo il messaggio che più ci tengo a trasmettere, Megalopolis è un'opera assolutamente da vedere, e da vedere rigorosamente sul grande schermo. Per quanti possano essere i suoi difetti, che a mio parere si riducono fondamentalmente a una mera questione di gusti personali e poco altro, perdersi un'opera d'arte come questa, creata con così tanta fatica da un artista così ispirato, sarebbe un crimine contro voi stessi.
Megalopolis è un film difficile, lungo, sovraccarico di dialoghi, personaggi e simbologie... ed è esattamente questo che lo rende un'esperienza unica.
La discussione sull'ultima opera di Francis Ford Coppola durerà probabilmente per anni, forse per decenni. Se sarà ricordato come un Quarto potere o come un I cancelli del cielo, sarà il tempo a dirlo. In ogni caso, sarà ricordato come un grande film.
Dati tecnici
Regia: Francis Ford Coppola
Anno: 2024
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Casa di produzione: American Zoetrope, Lionsgate
Fotografia: Mihai Mălaimare Jr.
Montaggio: Cam McLauchlin, Glen Scantlebury, Robert Schafer
Musiche: Osvaldo Golijov, Grace VanderWaal
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