sabato 1 luglio 2023

FRESCO DI CELLULOIDE: IL SOL DELL'AVVENIRE, DI NANNI MORETTI

Benvenuti, amici e amiche, ad una nuova puntata di Fresco di celluloide, la rubrica in cui vi parlo di film appena usciti al cinema. Sì, lo so, ci vuole coraggio da parte mia per includere in questa rubrica un film presente nelle sale già da quasi tre mesi, ma sono riuscito a recuperarlo al cinema solo pochi giorni fa, quindi meglio tardi che mai. E poi, francamente, non vedevo l'ora di farvi sapere il mio parere sull'ultimo lavoro di uno degli autori del nostro Paese che più stimo e a cui sono più affezionato, il buon vecchio Nanni Moretti.

Da un po' di anni si ha la sensazione che il cinema, nato a fine '800 come meraviglia avveniristica al limite del fantascientifico, sia diventato un'arte rivolta più verso il passato che verso il futuro. Stiamo vivendo un'epoca di nostalgia, di passatismo e di rivalutazione a tutti i costi, in cui franchise morti da anni vengono riesumati e le posizioni più alte nelle classifiche degli incassi sono riservate spesso a sequel come Top Gun: Maverick, concepiti e percepiti alla stregua di veri e propri manifesti di apologia nei confronti di contesti culturali (e superficiali) a cui guardare indietro con una glorificata nostalgia e un velo di malinconico rimpianto. Una tendenza, questa, sempre più opprimente, che non accenna a cedere il passo, che continua a catalizzare l'attenzione di un pubblico sempre più impigrito e sempre più a suo agio nell'inerzia in cui il cinema di largo consumo sembra essersi rifugiato, refrattario come mai prima d'ora a quella spinta innovativa così tanto presente ai suoi esordi.
Fortunatamente, come per tutte le cose, anche all'interno di questo panorama stagnante c'è spazio per un rovescio della medaglia. Artisti che si distinguono guardando al passato per costruire il futuro, che imparano dalla tradizione per inventare i se stessi che sono e saranno. Persino autori navigati come Quentin Tarantino, Martin Scorsese, Woody Allen, David Cronenberg hanno tirato fuori, con le loro ultime opere, qualcosa che va ben oltre il semplice rivangare un passato glorioso, che si rifanno sì al (auto)citazionismo ma che funzionano prima di tutto come potenti rivendicazioni delle rispettive poetiche in un'epoca moderna completamente diversa da quelle da cui provengono, poetiche che nonostante, anzi, grazie al passare decenni, durante i quali sono maturate ed evolute, risultano ancora più che mai attuali e di rilievo.

Ciò che è interessante riguardo Il sol dell'avvenire, ultima fatica di Nanni Moretti presentata a Cannes, è come si inserisca perfettamente in questo stesso contesto, con in più un che di sognante che la rende vicina ad uno spirito che oserei definire tarantiniano.
A 70 anni di età e dopo quasi 50 anni di carriera, l'autoreferenzialità che Moretti inserisce immancabilmente nelle sue opere raggiunge forse il culmine: il metacinema, la disillusa critica politica di sinistra, le idiosincrasie, l'amore per la musica pop italiana, tutto ritorna prepotentemente, ma mai con lo stesso identico spirito visto in pellicole precedenti. Le autocitazioni a Moretti stesso e al suo cinema sono parte integrante dello spirito dell'opera, negli attori feticcio (Silvio Orlando e Margherita Buy in primis), nelle tematiche, nella stessa presenza in scena del regista, che torna ad essere protagonista al 100% svestendosi di vecchi alias come quello di Michele Apicella, e presentandosi con il suo nome di battesimo, Giovanni, e la sua personalità.
Non è certo la prima volta, nella pluridecennale filmografia del regista, che tutto ciò avviene, ma qui sembra acquisire una valenza profondamente diversa.
Nella storia di un regista (naturalmente) che cerca di girare un film pessimista e polemico spinto da forti ideali politici si intravede l'eredità di opere precedenti come
Il caimano o Aprile, riemerge la visione spassionata e di poche speranze di Ecce bombo, permane la sferzante ironia autocritica di Caro diario, ma il tutto non è semplicemente messo in scena in virtù di una sterile retroattività. Moretti guarda dentro se stesso e dentro il suo cinema come non aveva mai fatto, e arrivati alle battute finali del film, dopo aver toccato forse il fondo con una delle scene più drammatiche ma allo stesso tempo sobrie dell'intera filmografia del regista, tutto si ribalta completamente, le carte in tavola vengono rimescolate e da un'amara riflessione sulle sconfitte, sia personali che di una grossa fetta della generazione italiana figlia degli anni di piombo, si passa improvvisamente a quello che meno ci si aspetterebbe da un artista di questo tipo, di quest'età e di questa formazione artistica e politica: un inaspettato inno di speranza, una sorta di bagliore in fondo al tunnel che rende Il sol dell'avvenire (e da qui il titolo particolarmente azzeccato) l'opera forse più positiva mai girata da Moretti.

Ed è così che alla fine, dopo un'ora e mezza pregna di riflessioni, eppure tutt'altro che pesante, il film assume un valore testamentario, si trasforma in una summa della poetica e della filosofia di una persona, prima che di un artista, una persona che mi sembra ormai di conoscere più di quanto avrei mai immaginato, nonostante lo segua da pochissimi anni.
Potrà risultarvi molto strano, e risulta strano anche a me, quanto io mi senta rappresentato dalla poetica di un uomo con più del doppio dei miei anni, ma è anche questa la bellezza del cinema di Moretti: parlando di sé, parla un po' di tutti noi, e questo è forse l'aspetto del suo cinema che meno è cambiato in tutti questi decenni.
Tutte queste mie righe e tutto il testamento cinematografico di questo autore si materializzano magnificamente nel finale del film, felliniano fino al midollo e di fronte al quale tanto gli ex ventenni che erano presenti fin dai tempi di Io sono un autarchico, sia i molti ventenni di adesso che hanno scoperto da poco la sua filmografia e che vi si riconoscono, non potranno non commuoversi ripensando ad uno dei percorsi artistici più sinceri e unici dell'intero panorama cinematografico italiano. Un percorso che ci ha dato davvero tanto e che, speriamo, non sia ancora finito.

Grazie, Nanni. Grazie di tutto.

Dati tecnici

Regia: Nanni Moretti

Anno: 2023

Paese di produzione: Italia, Francia

Casa di produzione: Sacher Film, Fandango, Rai Cinema, Le Pacte

Fotografia: Michele D'Attanasio

Montaggio: Clelio Benevento

Musiche: Franco Piersanti

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