E rieccoci, reduce da una delle recensioni più difficili che abbia mai scritto, alla rubrica Fresco di celluloide, in cui vi do le mie impressioni su film appena usciti in sala.
Dopo l'ottimo Assassinio sull'Orient Express e in attesa del pluripremiato Belfast, in odore di Oscar, Kenneth Branagh torna come regista e interprete di Hercule Poirot in Assassinio sul Nilo.
Un po' come il suo predecessore del 2017, anche questo si presenta come un ottimo giallo (e vorrei vedere, è Agatha Christie), con il solito delitto a porte chiuse e le solite ambientazioni esotiche. Queste ultime, unite alle scenografie, sono senza dubbio splendide da vedere, esaltate da un comparto tecnico di livello, solo che qui, complice probabilmente il fatto che gran parte dell'azione si svolga in esterni, l'intervento della computergrafica è a tratti troppo invadente. Per carità, niente di atroce, ma decisamente un difetto fin troppo evidente, che lede al fascino esotico che una pellicola del genere dovrebbe avere.
Praticamente perfetta, invece, la sequenza iniziale, con un bianco e nero eccezionale e delle atmosfere che mi hanno addirittura ricordato Orizzonti di gloria di Stanley Kubrick, e che dimostrano l'abilità di Branagh tanto dietro quanto davanti la macchina da presa.
Il cast galleggia fra l'eccellente (Emma Mackey, Annette Bening e un Russell Brand che non avevo completamente riconosciuto) e il mediocre (Gal Gadot, tanto bella quanto incapace), ma in generale ognuno porta a casa discretamente la propria parte.
Se avete apprezzato Assassinio sull'Orient Express e ne volete ancora, questo Assassinio sul Nilo è un ottimo modo per passarvi la serata, anche se consiglierei di dare un'occhiata anche alle vecchie trasposizioni degli anni '70/'80 dei romanzi della Christie, come il film di Sydney Lumet del 1974, con un grande Albert Finney nel ruolo di Poirot attorniato da un cast stellare.
Ci vediamo presto!
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