mercoledì 4 ottobre 2023

FRESCO DI CELLULOIDE: ASTEROID CITY, DI WES ANDERSON

Sono sempre elettrizzato quando esce un nuovo film di Wes Anderson. Non solo perché è uno dei miei registi preferiti e uno degli autori più interessanti e riconoscibili degli ultimi anni, ma perché sono sempre molto interessato alle impressioni nettamente discordanti che i suoi lavori lasciano immancabilmente su pubblico e critica. Credo che sia dai tempi dell'Isola dei cani, seconda incursione del regista nell'animazione, che un suo film non veniva universalmente osannato tanto dalla critica che dai suoi (pochi) spettatori. The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun, da me molto apprezzato, aveva già fatto alzare qualche sopracciglio e storcere qualche naso, e sicuramente gli innumerevoli meme e parodie che ironizzano sul peculiare e distintivo stile dell'autore texano hanno aiutato a cementificare una sorta di stanchezza collettiva nei confronti dei suoi colori pastello, delle sue inquadrature simmetriche e della sue colonne sonore dal sapore vintage.

Ebbene, se appartenete a questo gruppo di detrattori, o anche solo se tutte queste caratteristiche vi hanno semplicemente stancati, probabilmente non apprezzerete più di tanto questo Asteroid City, undicesima fatica di Anderson presentata come sempre a Cannes.
Gli elementi incriminati ci sono tutti: fotografia calda quasi da cartolina, in cui la fanno da padroni l'azzurro limpido del cielo e il marrone chiaro del deserto e delle rocce, geometrie precisissime (e kubrickiane) che descrivono con attenzione maniacale gli ambienti, un cast stellare estremamente vasto e variegato e canzoni che accompagnano il tutto che sembrano uscire da una radiolina anni '60 (tanto quelle di repertorio quanto la canzone originale del film, Dear Alien, che vede tra l'altro lo zampino di Jarvis Cocker).

La vera domanda da porsi è: può l'identità di questo film, così come di tutte le altre opere di quest'autore, essere interamente riassunta in questi elementi superficiali? 
La risposta, a mio modesto parere, è un grosso no.
Se Asteroid City non rientra certo fra i 5 migliori film di Anderson, e indubbiamente già a partire dal succitato The French Dispatch è possibile intravedere un po' di maniera, entrambi portano avanti la poetica di quello che, è sempre d'uopo ricordarlo, non è un mero esecutore, ma un artista e un autore completo, che, come ogni artista/autore, porta avanti le sue solite tematiche e le sue solite scelte estetiche per metterle in pratica.

La pellicola, divisa in tre atti, è teatro che si fa cinema e viceversa, una commedia singolare che mette in scena una storia corale densa di soluzioni metanarrative, ma allo stesso tempo carica della tipica, sottile ironia che in questo caso attacca (forse non con abbastanza forza) il governo degli Stati Uniti in un'epoca di guerra fredda. La vicenda si svolge nel 1955 in un immaginarioa zona, denominata appunto Asteroid City, in cui il cratere lasciato dalla caduta di un asteroide millenni prima attira tutta una serie di personaggi tra i più disparati, fra turisti, comitive di ragazzi prodigio che partecipano a un convegno di astronomia, e un uomo he si ritrova con l'auto in panne insieme alle tre figlie piccole e le ceneri della moglie appena defunta. Le storie di tutti questi personaggi, più o meno ben delineate, si intrecciano fra di loro in un groviglio apparentemente intricato, come si intrecciano i tre piani narrativi del film, ovvero la preparazione della commedia, che vediamo in bianco e nero e in 4:3, la commedia stessa, per cui si passa al colore e al widescreen, e il narratore, impersonato da un ottimo Bryan Cranston.

Entrare nel dettaglio sarebbe a mio parere inutile, perché Asteroid City è uno di quei film che parlano da sé. Uno di quei film a cui si potrebbe pensare per mesi o anni senza giungere a un'interpretazione univoca, ma l'unica certezza che si ha giunti ai titoli di coda è che Wes Anderson sta continuando imperterrito per la sua strada portando avanti il suo stile, insofferente alle reazioni confuse degli spettatori e ai lamentosi dissensi dei critici della domenica: la sua ultima fatica, checché se ne dica, dimostra che il suo cinema è più vivo che mai, ed è proprio di questa creatività e originalità che la settima arte ha bisogno.
Andate dunque al cinema e date una possibilità a questo film, e decidete voi se avrete assistito a un colpo di genio o ad una stanca opera di maniera. La mia opinione, seppur non totalmente netta, tende decisamente per la prima ipotesi.

Dati tecnici

Regia: Wes Anderson

Anno: 2023

Paese di produzione: Stati Uniti d'America

Casa di produzione: Indian Paintbrush, Universal Pictures

Fotografia: Robert D. Yeoman

Montaggio: Barney Pilling

Musiche: Alexandre Desplat

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