La seconda metà degli anni '60, in Italia, era un periodo dominato dallo spaghetti western. Il maestro Sergio Leone aveva rimodellato il genere forse più americano di sempre trasformandolo in qualcosa di nuovo, e gli altri registi di genere nel Paese non avevano tardato a prendere appunti. Presto scoppiò una vera e propria invasione di epigoni “leoniani”, alcuni di altissimo livello, altri decisamente più scontati. Nacquero i western politici, i thriller western, addirittura gli horror western, arrivando inevitabilmente alla parodia, con esempi come Il bello, il brutto e il cretino con Franco e Ciccio.
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Hill e Spencer nei ruoli di Trinità e Bambino |
Del resto, non appena le nostre
orecchie avvertono il tema musicale di Franco Micalizzi fischiato dal
mitico Alessandro Alessandroni, l'uomo dietro il famoso fischio delle
musiche di Morricone per i film di Leone, veniamo subito trasportati
in un'atmosfera decisamente familiare: a questi suoni tanto tipici
quando splendidi si aggiungono le immagini delle primissime
inquadrature, con un pistolero dai vestiti sporchi e dal cappello
calato sul volto, talmente svogliato da lasciarsi trascinare dal suo
cavallo sdraiato su una treggia, che per di più nemmeno parla per i
primi 5 minuti di film.
È chiaramente un tipico personaggio alla
Clint Eastwood, un semi-fuorilegge dalla mira infallibile e dal cuore
d'oro, che incontra un ex bandito diventato sceriffo con il quale si
allea per combattere un perfido latifondista che perseguita
un'innocua comunità. Eppure, alla fine si ha la sensazione di aver
assistito più a un cartone animato di Tex Avery che a un classico
western all'italiana. Le sparatorie lasciano il posto ai pugni e ai
ceffoni, e l'antieroe solitario non è più così tanto solitario,
legato com'è al burbero fratello, un Bud Spencer che a
quest'immagine da gigante buono dovrà gran parte della sua fortuna,
con quel suo tipico sguardo svogliato che ti dà l'impressione che
sia quasi costretto a fare uso della sua forza, quando preferirebbe
farne a meno.
Le scene clue sono troppe da citare: Trinità che
divora voracemente il suo piatto di fagioli salvo poi sentenziare che
“facevano schifo”, Bambino che si libera dei tre uomini del
maggiore Harriman in una frazione di secondo, la fantastica rissa tra
mormoni e banditi alla fine del film, in cui la violenza viene
stemperata da gag ed effetti sonori ormai diventati iconici. Per non
parlare del finale, con Trinità che, dapprima deciso ad unirsi alla
pacifica comunità di mormoni attratto dall'allettante idea della
poligamia, scappa a gambe levate non appena apprende del duro lavoro
e della costante preghiera che quello stile di vita impone. Anche gli
aneddoti riguardo la produzione si sprecano: pare che per la scena
dei fagioli Terence Hill si preparò digiunando per almeno 24 ore,
mentre per i ceffoni si allenava tutti i giorni a casa sua
schiaffeggiando una colonna, suscitando la perplessità della moglie,
preoccupata per la sua sanità mentale.
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Terence Hill nella famosa scena dei fagioli |
Come tutti sappiamo, la formula delle "scazzottate" si rivelerà estremamente di successo, tanto da costruire la fortuna di tre intere carriere, quella di Barboni, che sfruttò l'onda del successo per sfornare immediatamente un sequel, e quelle di Spencer e Hill, per oltre un ventennio beniamini del pubblico italiano, e non solo.
Un film dunque impossibile da non guardare col sorriso, che oltre a inserirsi perfettamente nel vasto ed eterogeneo panorama della commedia all'italiana raccoglie degnamente il testimone di un'epoca ormai al tramonto, ma che per un breve periodo conoscerà rinnovata popolarità sotto forma di quello che qualcuno, non senza un velo di ironia, ha battezzato "fagioli western". Se tale termine sia spregiativo o lusinghiero lo lascerò decidere a chi di voi avrà voglia di dare un'occhiata a questo pezzo di storia dell'immaginario collettivo italiano. Nel frattempo io vi saluto e vi do appuntamento alla recensione di Halloween! A presto!
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