Ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame”.
(Nella mia ora di libertà, Fabrizio De André)
Charlie Chaplin è tante cose, ed è stato definito in tanti modi. Probabilmente la definizione più calzante, e che riassume in sé tutto quanto si è detto su questo artista, è quella di uno dei più grandi uomini di cinema del XX secolo.
Di origini umili, nato e cresciuto in ambienti di teatro vaudeville, ha conquistato il pubblico fin da subito col suo personaggio di Charlot (o meglio, “the tramp”, il vagabondo), con una serie di comiche di grandissimo successo fin dagli anni '10, agli albori del cinema. Col capolavoro Il monello, del 1921, inizia la sua gloriosa incursione nei lungometraggi, ed è qui che l'aspetto critico che era sempre stato presente sullo sfondo dei suoi corti diventa manifesto, anzi, diventa la vera e propria linfa vitale di una poetica cinematografica che è diventata seminale per l'intera commedia americana a venire. Se un genio come Pirandello sosteneva che la comicità nasce sempre da una qualche forma di tristezza, quale esempio migliore di un senzatetto che cerca di sopravvivere in una società fortemente divisa (all'epoca più che oggi) in classi, costantamente alla ricerca di lavori saltuari e di espedienti per potersi guadagnare il pasto quotidiano?
E
proprio questo senso di tristezza, fil rouge
indissolubile di cinquant'anni di comicità, raggiunge forse il suo
apice in Monsieur Verdoux,
ottavo lungometraggio di Chaplin, nato da uno scambio di idee con un
altro genio della settima arte, quell'Orson Wells che aveva
completamente riscritto le regole del gioco pochi anni prima con
Quarto potere, forse
il film più innovativo mai girato fino a quel punto.
Dopo aver
ridicolizzato il totalitarismo col suo capolavoro Il grande
dittatore, uscito in piena
Seconda Guerra Mondiale, proprio quando gli orrori razziali
cominciavano ad essere noti al di fuori dei confini dell'Asse,
Chaplin torna a guerra finita con una stoccata acida e disillusa
sulle condizioni in cui l'Europa si ritrovava nei primi anni del
secondo dopoguerra, mascherando il tutto da commedia nera (molto nera
per l'epoca) liberamente ispirata alle vicende del serial killer
Henri Landru.
L'azione si sposta nella Francia a cavallo delle due
guerre mondiali, ma la critica al mondo del 1947 è inequivocabile.
L'ex Charlot interpreta per la prima volta un cattivo, anche se
risulta difficile per lo spettatore etichettarlo completamente come
tale: Monsieur Verdoux è un esempio di ciò che la disperazione
causata dalla fame può fare a una persona, una persona buona piegata
dalla barbarie del mondo e costretta a quella stessa barbarie, tutto
esclusivamente per poter sopravvivere.
![]() |
Orson Welles e Charlie Chaplin, due geni a confronto |
In poche parole, stiamo parlando di uno dei film più sottovalutati di Chaplin, nonché probabilmente il più pessimista. Non è un caso che, nonostante un National Board of Review come miglior film e una nomination all'Oscar per la miglior sceneggiatura, è proprio a partire da questo film che l'avversione da parte della critica americana nei confronti del regista e attore si acuisce maggiormente, culminando, nel 1952, con la sua estradizione definitiva dal suolo americano, di cui non era cittadino nonostante vi abitasse da decenni. Le accuse furono di antiamericanismo e simpatie comuniste, e Chaplin fu solo una delle tante vittime della caccia alle streghe maccartista che per lungo tempo privò Hollywod di alcuni dei suoi autori più importanti. Alle sue persecuzioni politiche e artistiche in terra statunitense, l'autore si ispirerà per il suo Un re a New York, del 1957, ma di quello vi parlerò magari in futuro.
Monsieur Verdoux è, per questi e altri motivi, una vera e propria perla che non ha minimamente perso di lucentezza nonostante i suoi quasi 80 anni.
Dati tecnici
Regia: Joaquim Dos Santos, Kemp Powers, Justin K. Thompson
Anno: 2023
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Casa di produzione: Sony Pictures Animation, Coumbia Pictures
Musiche: Daniel Pemberton