Amici e amiche... BUONA FESTA DI OGNISSANTI!
Ah già, nessuno di voi
festeggia più Ognissanti, ormai si parla solo di Halloween. Vorrà
dire che farò esattamente quello che ho fatto l'anno scorso, e
andando contro alla mia naturale predisposizione per l'andare contro,
anche quest'anno, come tutti gli altri recensori, tratterò un film
horror.
I
miei lettori più affezionati (tutti e 4) sicuramente si ricorderanno
che il 31 ottobre dell'anno scorso postai su questo blog la
recensione di un autentico cult, quell'Halloween
con cui John Carpenter lanciò definitivamente il filone dello
slasher seguendo la lezione di illustri predecessori (non ultimo il
nostro Mario Bava con capostipiti come Reazione
a catena).
Ebbene,
quest'oggi per celebrare la notte delle streghe con voi ho deciso di
non andare troppo lontano. Nel 2007 il cantante metal prestato alla
regia Rob Zombie affronta la più grande sfida della sua carriera:
quella di scrivere e dirigere un remake del capolavoro carpenteriano.
Di remake di classici dell'horror ne avevo già parlato non molto
tempo fa con la mia recensione del Nosferatu
di Herzog, e già allora avevo sviscerato tutti i problemi e le
difficoltà che implica una pratica del genere. Ma se sto parlando di
questo film in questa sede, va da sé che ci troviamo di fronte anche
in questo caso a un'operazione felicemente riuscita.
Quando
la Dimension Films commissionò al cantante dei White Zombie, che in
vita sua aveva diretto solo due opere, tra l'altro accolte non troppo
positivamente dalla critica, qualcosa di delicato come un remake di
Halloween,
fece una mossa azzardata, e le perplessità da parte del pubblico più
appassionato non mancarono.Rob Zombie
Eppure, Halloween – The Beginning, se vogliamo usare la denominazione italiana, funziona perfettamente non solo come sincero tributo all'originale, ma come opera a sé. Il grande Rob non si limita a ricreare passivamente gli elementi salienti più iconici del film di Carpenter, ma piuttosto (concedetemi di prendere in prestito un termine dai miei studi di traduzione) li addomestica, lì filtra attraverso la lente del suo stile, inconfondibile e ben stabilito fin dal suo esordio al cinema, quella viscerale dichiarazione d'intenti La casa dei 1000 corpi, e ancora prima dalla sua carriera discografica, disseminata di citazioni a B-movie fra i solchi di quei fantastici dischi alternative metal.
Questa
riedizione della sanguinolenta storia di Michael Myers non è un
reboot, non è un sequel ed è solo a malapena un remake. È quello
che sarebbe stato se un grande capolavoro della storia del cinema
fosse uscito una trentina di anni dopo e fosse stato dato in mano a
un regista con influenze diverse e più moderne. Lo stile di Rob
Zombie rimane perfettamente intatto, e la tecnica si è decisamente
affinata rispetto ai suoi lavori precedenti: regia, montaggio e
fotografia sono impeccabili, e anche quando si rifanno espressamente
all'originale, rievocato più di una volta dalle musiche
inconfondibili (rimaneggiate da Tyler Manes) e dalle splendide
inquadrature autunnali che ricordano da vicino quelle girate da
Carpenter nel suo periodo di grazia, riescono sempre a conferire
un'atmosfera che ci ricorda qualcosa che amiamo, ma non la imita.Michael adulto e bambino.
Il rischio più grosso, però, era quello che si presentava dal punto di vista della narrazione: Zombie, sceneggiatore unico del film, decide di raccontare l'irraccontabile, quello che Carpenter aveva lasciato al non detto, ovvero le origini di Michael Myers. Non più dunque una fantomatica entità senza volto e personalità, non più “l'ombra della strega”, ma un ragazzo con un passato in una famiglia disagiata, con madre spogliarellista e padre alcolizzato e violento, specchi di un'America squallida e intollerate che, si intuisce, l'autore non ha mai potuto sopportare. L'introspezione di Myers attraverso la sua traumatizzante infanzia è toccante e disturbante allo stesso tempo (merito anche dell'ottimo attore bambino Daeg Faerch), e se toglie forse un po' di sintomatico fascino alla figura di Michael Myers l'assassino, getta nuova luce su Michael Myers la persona, di cui l'unico spiraglio intravedibile nell'originale era quel volto distrutto del piccolo Michael subito dopo l'iconico piano sequenza iniziale.
Anche il nuovo cast rende pienamente giustizia a questi personaggi, e sebbene a Scout Taylor-Compton manchi forse il talento di una Jamie Lee Curtis, e Malcolm McDowell non brilli quanto il grande Donald Pleasence nel ruolo del dottor Loomis, riescono tutti a risultare molto convincenti nei rispettivi ruoli, e a qualsiasi amante del genere non potranno che fare piacere i cameo di volti familiari come Brad Dourif e Dnny Trejo. Il gigantesco Tyler Mane, ex wrestler nonché già Sabretooth nel primo X-Men di Bryan Singer, veste i panni del Michael adulto, e la sua fisicità non ha nulla da invidiare a quella del mitico Nick Castle, l'originale uomo dietro la maschera.
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Scout Taylor-Compton e Malcolm McDowell nei ruoli di Laurie Strode e Sam Loomis |
Non posso poi non apprezzare la scelta delle musiche. Come già accennato, Tyler Bates rimaneggia gli indimenticabili temi scritti dallo stesso Carpenter, ma la musica diegetica è altrettanto splendida, e fra Kiss, Blue Oyster Cult, Alice Cooper e Nazareth rende appieno quell'atmosfera lurida e patinata allo stesso tempo tipicamente anni '70 e tanto cara al regista (e al sottoscritto... ogni volta che sento partire God of Thunder le mie orecchie non possono che andare in estasi).
Con
questo remake incredibilmente riuscito Rob Zombie si porta a casa uno
dei suoi film migliori, a cui darà un sequel due anni dopo, nel
2009... e di quello magari parleremo in questi lidi in futuro. Per
adesso, concludo col dire che se Halloween
di
John Carpenter del 1978 è un capolavoro e un must
irrinunciabile ogni ottobre, Halloween
di
Rob Zombie ne è una perfetta rielaborazione, un sentito omaggio
dall'allievo al maestro.
E se lo stesso Carpenter gli ha dato la
sua benedizione, con quel “Vai, Rob, e fa' il tuo film!”, chi
sono io per contraddire il maestro?
Auguri a tutti!
Dati tecnici
Regia: Rob Zombie
Anno: 2007
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Casa di produzione: Dimesion Films, Weinstein Company
Fotografia: Phil Parmet
Musiche: Tyler Bates