Avete presente quando a scuola, ogni 27 gennaio, vi trascinavano al cinema a sorbirvi qualche noiosissimo film sulla shoah che sembrava non finire mai? O, peggio ancora, vi costringevano a vederli in classe, dove non avevate nemmeno la possibilità di fare un po' di sano casino facendo battute col vostro vicino di posto? Ebbene, Anna Frank e il diario segreto non è quel tipo di film.
Ari Folman, regista israeliano già autore del pluripremiato Valzer con Bashir, affronta per la prima volta il tema del genocidio ebraico, e lo fa senza retorica e senza pretese di crudezza o patetismo: quello che lo spettatore si trova davanti è un film d'animazione dall'estetica fine e alla portata di tutti, meno sperimentale del precedente exploit animato di Folman proprio per ampliarne il raggio d'azione. Il regista coglie perfettamente l'importanza di far interfacciare più gente possibile a un tema come quello dell'olocausto, e lo fa attraverso una storia di cui chiunque abbia frequentato almeno le elementari è perfettamente a conoscenza, quella di Anna Frank.
Folman svolge un ottimo lavoro nel delineare la persona dietro quel nome, descrivendola per quello che era, senza necessità romanzare o mistificare. La carta vincente è quella di farlo attraverso il personaggio di Kitty, l'amica immaginaria di Anna a cui questa indirizza il suo diario: Kitty viene umanizzata e diventa un personaggio in tutto e per tutto, mentre quel famoso diario di cui tutti abbiamo sentito parlare, ma che la maggior parte di noi non ha mai letto (me compreso), non è che il punto di partenza per un discorso che più che una lezione di storia è una lezione di vita.
Folman ci sbatte in faccia la tragicità della storia di Anna e della sua famiglia nel modo più efficace possibile, cioè portandola a confronto con le tante storie tristemente moderne vissute da profughi, immigrati, clandestini, e di cui, esattamente come per i campi di concentramento negli anni '40,in pochi sembrano interessarsi. Andiamo avanti con le nostre vite a occhi chiusi e orecchie tappate, non accorgendoci, o fingendo di non accorgerci, di quello che avviene sotto i nostri occhi, ogni giorno.
Ed ecco che il nome di Anna Frank colpisce finalmente per quello che dovrebbe essere. Non qualcosa di vuoto e puramente nominale, ma come un monito, non tanto contro qualsiasi forma di fascimo in sé (il quale comunque, è il caso di ricordarlo, è in netta ascesa ovunque mentre sto scrivendo), ma contro ogni tipo di ingiustizia, contro ogni azione leggittimata da un governo che calpesta i diritti di esseri umani come lo siamo noi. Come lo era Anna, come lo era la sua famiglia, come lo erano 6 milioni di ebrei sterminati durante la guerra, come lo sono tutte le vittime di crimini razziali, come lo sono tutti coloro che non hanno uno Stato a proteggerli.
Per quanto mi riguarda, Anna Frank e il diario segreto è davvero un film da proiettare nelle scuole, che non annoia, non fa moralismo spiccolo e si impone, a mio parere, come uno dei migliori film d'animazione dell'anno.