Amici e amiche, rieccomi! Scusate il mese e mezzo di assenza, ma del resto l'estate c'è stata per tutti. Per ricominciare alla grande, per la prima volta eccovi una recensione... negativa! Non perdiamo dunque altro tempo e buttiamoci a capofitto.
Ecco una cosa che dovreste sapere di me: non amo i videogiochi. Per cui una costante fin dalla mia infanzia è sempre stata guardare gli altri giocare, qualsiasi gioco o console fosse, spesso a malapena interessato a quello che vedevo. Ecco, la sensazione che ho avuto guardando Sucker Punch è stata esattamente questa: guardare un videogioco di un'ora e 50, con tanto di cinematic lunghissime che non potevo skippare.
Progetto personale sviluppato da Zack Snyder nell'arco di 8 anni e finalmente portato a compimento dopo il successo (più che altro di pubblico) di film come 300 e Watchmen, il film esce nel 2011, spaccando a metà pubblico e critica. Chi lo ama ne elogia l'estetica videoludica e la struttura “a livelli”, considerandoli i suoi punti di forza nel coinvolgere lo spettatore nella storia. E a proposito di storia, il film parla di un'adolescente, la non meglio identificata Babydoll, internata dal patrigno in un istituto mentale dopo aver accidentalmente ucciso la sorella nel tentativo di difendersi, in modo che lui possa impossessarsi dell'eredità della di loro madre. La trama del film si dipana su tre livelli: il primo, superficiale, è quello del prologo che ho appena descritto, ambientato nel manicomio; il secondo si sviluppa già nel primo atto, quando iniziano le complesse fantasie illusorie della ragazza, che immagina di trovarsi in un bordello vecchio stile, vedendo lei e le altre internate come ballerine costrette a danzare e a compiacere i clienti per sopravvivere, attendendo l'arrivo di un misterioso “Giocatore” che si presenterà al bordello proprio nel giorno in cui, nella realtà, dovrebbe avvenire la lobotomia di Babydoll. Già confusi? Beh, non è finita qui, perché ogni volta che Babydoll danza assistiamo a una fantasia all'interno della fantasia, in cui lei immagina la fuga dalla sua prigione come se fossero i vari livelli di un videogame, con elementi tipici come oggetti da ottenere per proseguire, boss sempre più potenti da affrontare e ambientazioni diverse per ogni livello (il Giappone feudale con tanto di colt come armi, una battaglia della Grande Guerra in versione steampunk, un treno in corsa in un ambiente fantascientifico con una bomba da disinnescare a bordo). Ogni azione che la protagonista compie in queste fantasie corrisponde a un'azione che lei e le sue colleghe compiono nel bordello, con il fine ultimo rappresentato dalla fuga di queste questo luogo di prigionia. L'ipercomplessità della trama, che sembra avvicinare Snyder al peggior Nolan (o forse è il contrario?), è il problema principale, ma non l'unico, per cui esporrò i miei dubbi a riguardo alla fine di questa recensione. Per adesso, mi soffermo su quelli che sembrano essere i difetti tipici di un po' tutte le pellicole di questo regista.
Per cominciare, l'estetica patinata: il nostro Snyder pretende di rendere un'atmosfera cupa e triste virando tutto sul grigio, ma mantenendo la scena costantemente illuminata, al punto che a malapena si nota una differenza tra la realtà dell'istituto mentale e le fantasie della protagonista, che dovrebbero essere delle felici oasi di speranza ma che risultano opprimenti tanto e più della realtà. Per non parlare della sovrabbondanza che domina ogni altro aspetto della pellicola: effetti realizzati con una computergrafica invasiva, dettagli e piani sequenza che sembrano più volti all'autocelebrazione che a veri fini stilistici, voce fuori campo che sciorina monologhi profondi quanto un Bacio Perugina... e poi le musiche. Per un amante della musica come me, un film con una soundtrack costituita, tra gli altri, da Bjork, Jefferson Airplane, Queen e Beatles, sembrava una manna dal cielo. Peccato che sia usata nel modo più sbagliato possibile. Canzoni grandiose, che però non solo non hanno un vero significato nel contesto delle scene in cui vengono inserite, tanto che potrebbero essere sostituite da qualsiasi altro brano dalle sonorità simili, ma che per di più sono delle piatte rivisitazioni remixate e ricantate, private della loro intensità a favore di un esasperato tentativo di drammaticità.
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Zack Snyder: incompreso o sopravvalutato? |
Senza entrare ulteriormente nei dettagli, Sucker Punch è un'opera pretenziosa, noiosa e kitsch, maldestra nel suo messaggio e fallimentare nell'intrattenere, con un finale forzato che rende ancora più inutile tutto quello a cui lo spettatore ha assistito fino ad allora. Questo è stato il magnum opus di Zack Snyder e il suo tentativo di essere profondo, un passo più lungo della gamba che è inevitabilmente finito nell'unico posto in cui meriterebbe di stare, il dimenticatoio.
Dati tecnici
Regia: Zack Snyder
Anno: 2011
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Casa di produzione: Warner Bros.
Fotografia: Larry Fong
Musiche originali: Tyler Bates, Marius De Vries